11
Lc 11,27 Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». 28 Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».
Sicuramente non era un mammista. Non appena viene elogiata la madre, mediante una ingenua formula metonimica (la parte per il tutto) riferita alle parti anatomiche della madre che hanno avuto a che fare con il suo sviluppo intrauterino e neonatale, trova obiezione, puntualizza.
Lc 11,37 Mentre stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. 38 Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. 39 Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. 40 Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? 41 Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro. 42 Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. 43 Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. 44 Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
È evidente che era contrario alle abluzioni prima del pranzo, ma far partire una tiritera di accuse per una semplice osservazione, mentre sei a tavola con uno che ti ha invitato, non mi sembra molto educato. Il fariseo si sarà detto: se pesco quello che mi ha suggerito di invitarlo a pranzo ...!
Queste puntualizzazioni servivano, forse, alla comunità che, attraverso la mano di Luca, ha redatto questo vangelo, ad affermare la propria posizione riguardo a vari aspetti della dottrina che si andava costruendo.
12
Lc 12,27 Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 12,28 Se dunque Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede?
I gigli e l’erba hanno meno esigenze di noi. Saremo di poca fede, ma ci preoccupiamo del domani. Non possiamo vivere come se dovessimo morire il giorno dopo. Saremo pure “di poca fede”, ma le mense della Caritas sono piene di gente che ha molta fede.
15
Lc 15,11ss Il figliuol prodigo
Lc 15,11 Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13 Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14 Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17 Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19 non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20 Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22 Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23 Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. 25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27 Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28 Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29 Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30 Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31 Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Come è andata a finire la storia? Il figlio minore ha continuato a fare la bella vita. Il figlio maggiore ha chiesto la parte del patrimonio che gli spettava ed è andato a dilapidarla da qualche parte; quando, avendo speso tutto, è tornato a casa del padre pregustando la carne tenera del vitello grasso (si era già preparato la frase da dire, la stessa dell’altro: padre, ho peccato verso di te e verso il Cielo, ecc.), ha trovato la sua famiglia ridotta in miseria e il padre ricoverato in un istituto per anziani.
16
Lc 16,1ss L'amministratore disonesto
Lc 16,1 Diceva anche ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3 L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5 Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6 Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7 Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8 Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9 Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.10 Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11 Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? 13 Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Una parabola un po' sconclusionata in cui la gente si comporta in modo diverso da come ci si aspetta (un amministratore licenziato perché disonesto viene elogiato dal padrone quando si dimostra ancora più disonesto e procura un danno allo stesso padrone). Seguono alcune frasi di difficile interpretazione vagamente collegate alla parabola precedente. Infine la morale, espressa con uno slogan semplice, chiaro, preciso ed efficace, tanto che di solito è l'unica cosa che si ricorda.
18
Lc 18,18 Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 19 Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. …»
Dunque non diceva di essere Dio o di essere il figlio di Dio. Almeno in questa occasione ha detto chiaro e tondo: Non chiamarmi Maestro buono. Solo Dio è buono.
19
Lc 19,1ss Zaccheo sul sicomòro
Lc 19,1 Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2 quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6 Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8 Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9 Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10 Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
A Zaccheo ha fatto uno sconto. All’altro ricco aveva detto che doveva vendere tutto ciò che possedeva. Zaccheo si è impegnato a donare la metà di ciò che possiede ai poveri e a risarcire chi aveva derubato, restando, presumibilmente, ancora ricco, solo un po’ meno di prima. Dunque la gomena (per un errore di traduzione: il cammello) è passata per la cruna dell'ago.
Lc 19,11 Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Essi pensavano o Gesù glielo aveva fatto credere? Perché aveva fatto credere ai suoi discepoli che il Regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro? Possibile che Lui stesso credesse che tutto sarebbe accaduto in poco tempo? O questo è uno dei fraintendimenti, una delle cose che i discepoli non avevano capito? Vedremo che non avevano neanche capito che sarebbe risorto dopo tre giorni.
Lc 19,41ss Pianto su Gerusalemme
Lc 19,41 Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa 42 dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. 43 Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; 44 distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
La profezia della distruzione di Gerusalemme è stata scritta dopo che si era verificata.
Vangelo di Luca: 80 - 90 d.C.
Distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio ad opera di Tito, figlio di Vespasiano: 70 d.C.
Da un rapido controllo, mi sembra che nel Vangelo di Marco, scritto nel 60 – 70 d.C., probabilmente in un momento in cui la città era in stato di assedio e in una delle alterne vicende della prima guerra giudaica, questa profezia non sia presente.
20
Lc 20,9ss Parabola del padrone della vigna scemo
Lc 20,9 Poi prese a dire al popolo questa parabola: «Un uomo piantò una vigna, la diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano per molto tempo. 10 Al momento opportuno, mandò un servo dai contadini perché gli dessero la sua parte del raccolto della vigna. Ma i contadini lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. 11 Mandò un altro servo, ma essi bastonarono anche questo, lo insultarono e lo mandarono via a mani vuote. 12 Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono via.
Questo padrone della vigna non doveva essere molto sveglio. Quanti servi gli dovranno ammazzare perché capisca che i contadini a cui ha affidato la vigna non sono galantuomini?
Lc 20,13 Disse allora il padrone della vigna: “Che cosa devo fare? Manderò mio figlio, l’amato, forse avranno rispetto per lui!”.
Decisamente duro di comprendonio. Dopo avere sacrificato tre servi manda anche il figlio. Perché non va lui?
Lc 20,14 Ma i contadini, appena lo videro, fecero tra loro questo ragionamento: “Costui è l’erede. Uccidiamolo e così l’eredità sarà nostra!”.
Non doveva essere un posticino tranquillo quello in cui si svolge la parabola, con leggi non ispirate al diritto romano. Gli assassini che ereditano! Una vera istigazione all'omicidio.
Lc 20,15 Lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero.
Era abbastanza prevedibile.
Lc 20,15 … Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna?
Certamente non gli manderà un altro figlio o un altro servo (forse non aveva altri figli e i servi si erano licenziati).
Lc 20,16 Verrà, farà morire quei contadini e darà la vigna ad altri».
Finalmente ha capito con chi ha a che fare. Non poteva muoversi prima?
Lc 20,16 … Udito questo, dissero: «Non sia mai!».
Si sono così abituati a sentire le parabole che interagiscono direttamente con il racconto, come i bambini con le favole. Non sia mai, cosa? Che i contadini assassini siano puniti?
Lc 20,17Allora egli fissò lo sguardo su di loro e disse: «Che cosa significa dunque questa parola della Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo? 18 Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e colui sul quale essa cadrà verrà stritolato».
Ardito il collegamento tra la parabola del vignaiuolo scemo e questa conclusione di difficile interpretazione. Hai voglia di fissare lo sguardo sulla folla per farla concentrare su quello che stai per dire. Secondo me non capirono nulla. La spiegazione dovrebbe essere semplice e servire a far capire la parabola assurda che la precede. In questo caso, invece, la conclusione non spiega ma introduce un’altra difficoltà di interpretazione. Immagino come sia rimasta imbambolata la folla.
Lc 20,19 In quel momento gli scribi e i capi dei sacerdoti cercarono di mettergli le mani addosso, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito infatti che quella parabola l’aveva detta per loro.
Probabilmente è vero il contrario: si erano innervositi perché non avevano capito il collegamento tra la parabola e la conclusione. Non prendiamocela sempre con gli scribi e i farisei. Perché avrebbero dovuto capire che ce l'aveva con loro quando parlava di pietre pericolose? Secondo me, come tanti, si erano innervositi, e si sa che la gente, a quei tempi, quando si innervosiva era pronta a passare alle mani.
Lc 20,27ss I sadducei e la resurrezione
Lc 20,27 Gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28 «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29 C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30 Allora la prese il secondo 31 e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32 Da ultimo morì anche la donna. 33 La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34 Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35 ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36 infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37 Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38 Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». 39 Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». 40 E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
Ora ci si erano messi anche i sadducei, che non dovevano avere molto da fare a quei tempi, a fargli domande stupide. Pare che non credessero nella resurrezione dei morti e, stranamente, gli fanno una domanda proprio sulla resurrezione.
Per illustrare la domanda fanno un esempio che fa capire il loro livello intellettivo.
Sette fratelli, eliminati, uno per uno, da una donna sterile dopo averli sposati (eliminati l’ho pensato io, il testo dice che morivano dopo averla sposata, ma un motivo ci doveva essere). Io avrei chiesto: quanti anni aveva la donna quando ha sposato l'ultimo dei fratelli? Per curiosità. Loro, invece, che non credevano nella resurrezione, chiesero a Gesù quale dei sette sfortunati fratelli, a resurrezione avvenuta, avrebbe potuto fregiarsi del titolo di consorte di questa donna.
Sarebbe stato facile mandarli a quel paese, invece Gesù, con pazienza cristiana, senza evidenziare la contraddizione insita nella domanda, spiegò che sì, possiamo anche credere che un bel giorno risorgeremo, ma saremo molto diversi da come siamo ora, per cui è inutile entrare troppo nei dettagli.
Questa risposta piacque ad alcuni scribi presenti, che, come i sadducei, non dovevano avere molto da fare.
Lc 20,45 Mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai suoi discepoli: 46 «Guardatevi dagli scribi, che vogliono passeggiare in lunghe vesti e si compiacciono di essere salutati nelle piazze, di avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti; 47 divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Attenti agli scribi, sono pericolosi, riceveranno una condanna più severa. Che cosa hanno fatto di male? Amano passeggiare in lunghe vesti. Che male c'è? Saranno ridicoli, buffi, vanitosi, ma non mi sembra una grave colpa. Hanno piacere di essere salutati nelle piazze. E che vuol dire? Sono socievoli: salutano tutti, si fanno salutare, poi, diciamo la verità, a chi non piace? Preferiscono i primi posti. Questo è spiacevole, occupare sempre i primi posti nelle sinagoghe e nei banchetti non sta bene, è poco educato, ma niente di grave. Divorano le case delle vedove. Come come?! Allora sono delinquenti! È mai possibile mettere insieme colpe di così diversa entità?
Dovevano proprio essergli antipatici gli scribi: elenca le loro colpe come viene, mettendo insieme cose diverse che, tranne quella delle vedove, si possono riassumere nella tendenza a farsi vedere, a farsi belli, a fingere di essere migliori degli altri, ma mi sembra esagerato affermare che sono pericolosi perché vestono abiti lunghi e occupano sempre i primi posti, tranne la faccenda delle vedove, che avrebbe fatto meglio a specificare.
21
Lc 21,37s Dal Monte degli Ulivi al Tempio
Lc 21,37 Durante il giorno insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Ulivi. 38 E tutto il popolo di buon mattino andava da lui nel tempio per ascoltarlo.
Bella questa immagine! Sembra quasi di vederlo, Gesù che si sveglia tra gli ulivi, dopo avere trascorso la notte in un rifugio improvvisato. Si risciacqua a una fonte ("Laudato si’, mi’ Signore, per sor’acqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta" pensa, i versi che Francesco scriverà nella sua bella lingua tra milleduecento anni, ma che lui, naturalmente, già conosce), fa colazione con latte fresco, pane, formaggio, doni dei pastori, fra i quali qualcuno che trent’anni prima si trovava dalle parti di Betlemme; poi, con calma, si dirige verso la città dove lo attende una folla festosa. Entra nel Tempio, circondato dai discepoli, tutti si siedono, sulle sedie, sulle panche, per terra. C’è chi è venuto perché spinto da un dolore, chi è alla ricerca di un buon pastore, tutti sono lì per ascoltarlo. Il silenzio è assoluto.
22
Lc 22,1ss Tradimento di Giuda
Lc 22,1 Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua, 2 e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano in che modo toglierlo di mezzo, ma temevano il popolo. 3 Allora Satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era uno dei Dodici. 4 Ed egli andò a trattare con i capi dei sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo a loro. 5 Essi si rallegrarono e concordarono di dargli del denaro. 6 Egli fu d’accordo e cercava l’occasione propizia per consegnarlo a loro, di nascosto dalla folla.
Dunque: Satana entrò in Giuda, che era uno dei dodici, e lo spinse ad andare a trattare con i capi dei sacerdoti e con i capi delle guardie sul modo di consegnare Gesù. Fu, dunque, Satana a spingere Giuda al tradimento. Ma Gesù, che scacciava i diavoli da chiunque, perché non li scacciò dal suo discepolo?
Non si capisce per quale motivo i capi dei sacerdoti e i capi delle guardie avessero bisogno di Giuda, dal momento che conoscevano Gesù, il quale non si nascondeva, parlava nel Tempio con tutti e dormiva all'aperto nell'orto degli Ulivi. Temevano il popolo. Con il tradimento di Giuda pensavano di placare il popolo? Sappiamo che di lì a poco il popolo, sempre pronto a girare come una banderuola, avrebbe gridato, in aramaico, non nella bella lingua di Jacopone da Todi (1236, 1306) "Crucifige, crucifige, / omo che se fa rege, / secondo nostra lege / contradice al senato" e poi, ancora, sempre secondo l'immaginazione poetica di Jacopone, "Traiàn for li latruni / che sian soi compagnuni / de spine s'encoroni / ché rege ss'è clamato".
Lc 22,19s L'Eucaristia
Lc 22,19 Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». [Mt26,26-28] [Mc14,22-24] [1Cor11,23-25] Lc 22,20 Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi».
Sembra un gesto simbolico, una cerimonia da fare "in memoria", non sembra avere all’inizio il significato che gli è stato assegnato dopo. Sa che è l'ultima cena, avverte il dolore del distacco e fa una piccola cerimonia, utilizzando quello che c'è: il pane e il vino. Non mi pare dica che per salvarsi bisogna fare la stessa cerimonia e nutrirsi del suo corpo e del suo sangue. Dice solo: "Fate questo in memoria di me". Cioè: quando cenate insieme, per ricordarvi di me fate questo gesto: benedite del pane e passatevene un pezzetto ciascuno. Passatevi anche un calice di vino.
“Questo è il mio corpo” evidentemente è una metafora. Perché hanno voluto caricare questo momento di un significato così macabro? Perché hanno voluto stabilire che per liberarsi dei peccati commessi, dopo essersi confessati bisogna ingoiare un pezzetto di pane azzimo? Tra l'altro i due gesti avvengono in tempi diversi, uno all'inizio (il pane), l'altro alla fine (il vino) di una cena che dovette essere piuttosto lunga. Perché caricare con un significato così pesante un momento di quella cena che non è neanche riferito nel Vangelo di Giovanni?
Forse per il bisogno di ancorare la fede a una cosa concreta e a un rituale preciso: l’ostia consacrata, l’acqua santa, l’incenso, l’immersione nella vasca di Lourdes, i santini, le reliquie, la maschera di silicone, orribile, con cui hanno ricoperto il cadavere di padre Pio nella zona del volto.
Lc 22,21 «Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. 22 Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». 23 Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo. 24 E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. 25 Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. 26 Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. 27 Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.
Strana domanda. Dopo che Gesù li ha informati di un fatto così grave, ha rivelato che uno di loro lo tradirà (Giuda si guardava intorno fingendo di non avere capito) gli chiedono chi tra di loro si debba considerare più grande. Ma che domanda è questa?
Avrebbe dovuto chiedere: grande in che senso? Invece fa un discorso sui re delle nazioni, su chi ha potere e viene chiamato benefattore, su chi governa e chi serve, sulla necessità di invertire i ruoli. Poi ci meravigliamo che qualche volta non capissero le risposte, sebbene spesso le domande non fossero molto intelligenti.
Forse sostanzialmente ha detto: non preoccupatevi di chi sia più grande perché nel Regno di Dio comandano i piccoli, e poi per lavare i piatti faremo i turni.
Lc 22,35 Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». 36 Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». 38 Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».
Qui proprio non si capisce il senso del discorso.
Contrariamente a quanto aveva detto precedentemente, potevano portare con sé la borsa, la sacca, i sandali (alla parola sandali si udì un sospiro di sollievo) e, in aggiunta, una spada, anche se dovessero vendere il mantello per procurarsela. Una spada! Per farne che?
Sembra di capire che ci sia una frase della Scrittura che, come al solito, doveva compiersi (“E fu annoverato tra gli empi”), per cui voleva comportarsi da empio, contraddicendo tutto ciò che aveva detto in precedenza.
È strano, ma questo sembra di capire.
Però sappiamo che questo non avvenne, anzi più tardi, al momento della cattura nell'orto degli ulivi, rimediò all’esuberanza di uno dei discepoli che aveva tagliato un orecchio al servo del sommo sacerdote, riattaccandoglielo (Lc 22,50 - 51)
Allora, che cosa voleva fare con le spade?
23
Lc 23,33s La crocifissione
Lc 23,33 Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. 34 Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
Non sanno quello che fanno? Non sanno che stanno ammazzando un innocente? Sono anch’essi, soggettivamente, innocenti? Il Padre, poi, li avrà perdonati?
Lc 23,35 Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36 Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37 e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
Effettivamente, perché accettava la sofferenza e la sconfitta? Perché non si è salvato con un miracolo? Doveva soffrire e morire per scontare i peccati dell'uomo. Che significa? Dice Antonio Socci, sul suo blog (Lo Straniero - 22 marzo 2008): "... Era venuto per riscattarci dalla schiavitù del male dando se stesso in pasto alla belva. Lo ha detto lui stesso ai suoi amici (Lc 22, 15-18)." “… Ha dato il suo corpo ai macellai di Satana per mostrarci il suo amore smisurato, folle, senza eguali e prendere su di sé i nostri pesi e le nostre colpe. Per espiare al posto mio e tuo." Che significa "espiare al posto mio"? Uno soffre al posto di un altro perché tanto per Dio basta che qualcuno soffra è lo stesso, basta che siano espiate le colpe, anche se a soffrire non è quello che ha commesso il male. Le colpe sono una specie di debito che dev’essere estinto, non importa da chi. Ha voluto soffrire e morire per mostrarci quanto ci voleva bene? Per prendere su di sé le nostre colpe, per espiare al posto mio? Che colpe avevo commesso io, che non ero ancora nato? E se anche avesse voluto espiare le colpe dell’uomo, a partire da Adamo o dall’Homo Sapiens, ma Lui, che era Dio, non poteva perdonare tutti, fare una specie di amnistia, e buonanotte? Senza bisogno di flagellazioni, crocifissioni, tradimenti, prima che il gallo canti, perché mi hai abbandonato, ecc. Risposta: dovevano compiersi le Scritture. Per forza dovevano compiersi? Ammesso che si siano realmente compiute, perché qui entriamo nell'interpretazione dei testi, vero e proprio campo minato. Senza contare che chi ha scritto i Vangeli conosceva le profezie e quindi avrebbe potuto raccontare e forse ha raccontato le cose in modo da farle verificare a posteriori, forse non in malafede, ma semplicemente spinto dalla sua stessa convinzione.
Dice Antonio Socci, sempre sul suo blog (Lo Straniero - 22 marzo 2008): "… E le parole citate da Merlo, ('Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato'), che certo mostrano come abbia preso su di sé anche tutto il senso di abbandono che tanti esseri umani soffrono nell'esistenza, sono l'inizio di una preghiera: Gesù stava cercando di recitare il Salmo 21, un salmo dove era stato profetizzato, secoli prima degli eventi, precisamente tutto quello che fu fatto a Lui quel 7 aprile dell'anno 30."
Possibile, ma strano: in quelle condizioni, appeso a una croce, con quella sofferenza, in quella data (che precisione!), anziché pensare a liberarsi o abbandonarsi, cita un salmo per far capire che quello di cui il salmo parla è proprio Lui. È come se volesse mettere una nota nel Vangelo che lo racconterà. Non può liberarsi perché la profezia deve compiersi. Il male deve vincere il primo tempo in attesa della ripresa: la Resurrezione … Mah!
Al fondo c'è l'idea che la divinità si offende facilmente, Dio è ancora offeso per la ribellione di Adamo ed Eva, ha inviato il figlio perché si sacrifichi, versando il proprio sangue. Solo così Dio si calma, se un innocente versa il proprio sangue.
Anche gli dei pagani avevano bisogno del sacrificio di animali, di capri espiatori.
Nell’ebraismo ce n’è uno solo, ma è terribile, un Dio che sadicamente gioca con Abramo, facendogli credere fino all’ultimo che gli chiederà di uccidere Isacco con le sue mani. E alla fine Abramo, anziché mandarlo a quel paese, gli sacrifica un capro espiatorio, perché comunque bisognava versare del sangue per compiacere Dio.
24
Lc 24,1ss La tomba vuota
Lc 24,1 Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. 2 Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro 3 e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 4 Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. 5 Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6 Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea 7 e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”».
Il giovane vestito di bianco del Vangelo di Marco, seduto a destra dopo l’ingresso del sepolcro, qui è diventato due uomini che si presentano alle donne in abito sfolgorante.
***Mc 16,4 Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. 5 Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura.
Nel Vangelo di Marco le donne, impaurite, fuggirono via e non dissero niente a nessuno e fu Maria di Màgdala a portare la notizia della resurrezione ai discepoli, dopo aver visto, per prima, Gesù risorto.
***Mc 16,9 Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. 10 Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. 11 Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.
Nel Vangelo di Luca non c’è l’apparizione di Gesù risorto a Maria Maddalena, una delle donne che scoprono la tomba vuota, ascoltano i due uomini ricordare loro ciò che Gesù aveva preannunciato, annunciano agli altri la Resurrezione.
Lc 24,8 Ed esse si ricordarono delle sue parole 9 e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. 10 Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. 11 Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. 12 Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.
I discepoli hanno tutti la stessa reazione: non credono che Gesù sia risorto. Lo stesso Pietro, solo per scrupolo, corre al sepolcro a controllare e, non trovando il corpo ma soltanto i teli, torna indietro pieno di stupore.
Nessuno ricorda o ha compreso ciò che Gesù aveva chiaramente preannunciato.
Probabilmente ogni tanto, quando Gesù parlava, facevano di sì con la testa ma non capivano fino in fondo e non osavano chiedere spiegazioni.
Da notare che solo le donne, secondo Luca, (Lc 24,8 Ed esse) si ricordarono delle sue parole 9 e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri.
Le donne avevano capito ed erano pronte più degli altri a collegare i fatti al ricordo delle sue parole.
Lc 24,13ss Apparizione a Èmmaus
Lc 24,13 Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14 e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19 Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23 e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25 Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26 Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32 Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33 Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Questi sono i momenti in cui tutto sembra vero, tanto è realistica la descrizione di un fatto eccezionale: due discepoli che camminano a piedi da Gerusalemme a Èmmaus incontrano per strada un amico, un maestro, una persona a cui vogliono bene, che hanno pianto morto.
Non c’è nessuna enfasi, nessun particolare inutile, sembra proprio il racconto di qualcuno che ha vissuto questa vicenda o che l’ha sentita raccontare da chi l’ha vissuta personalmente.
Si capisce che non lo riconoscano. Per forza, non si aspettavano di vederlo ancora vivo.
Chissà se guardandolo, per un attimo, mentre percorrevano gli undici chilometri da Gerusalemme a Èmmaus, nella loro mente è balenato un pensiero: assomiglia … . Ma no, non è possibile.
Non a caso Caravaggio (Cena in Èmmaus) ferma proprio il momento in cui Gesù, che ha la faccia da ragazzone paffuto del vicino di casa, del figlio del falegname, benedice il pane e loro lo riconoscono, uno sta spostando la sedia per alzarsi, l’altro allarga le braccia, tutti e tre ficcano gli occhi sul suo volto, quello in piedi sembra commosso, sembra che stia per abbracciarlo e il ragazzone benedice con un gesto che non ha nulla di ieratico, di grave o solenne, sacerdotale, semplicemente allunga il braccio, piega le dita e sta lì, con gli occhi bassi, in silenzio, prima di spezzare il pane, s’immagina con un gesto tranquillo, compreso in se stesso e nella sua forza, che non ha bisogno di niente per manifestarsi.
Lc 24,36ss Apparizione a Gerusalemme
Lc 24,36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37 Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Che bello! Uno di noi, che amiamo, che abbiamo pianto morto, morto in quel modo, pochi giorni prima, mangia il pesce arrostito, seduto a tavola insieme a noi. Questa è la bellezza del cristianesimo, la speranza che un fatto così bello possa accadere a ciascuno di noi, facendoci superare la paura più grande: la morte delle persone che amiamo e il tormento di lasciarle quando toccherà a noi morire.
Lc 24,44 Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45 Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46 e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47 e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni. 49 Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Insomma, tanta sofferenza perché così è scritto: perché si devono compiere tutte le cose scritte nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. La sofferenza era necessaria. Perché?
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